Il 22
Novembre le classi 3A e 4A del corso di BIOTECNOLOGIE AMBIENTALI, accompagnati
dai Proff. Venturi e Capobianco si sono recate al seminario organizzato da
O.P.E.R.A. (organizzazione programmazione economica riqualificazione
ambientale) dal titolo: “Da mare negato a sorgente di vita”. Nel corso del
seminario sono state affrontate e discusse varie soluzioni tecnico-scientifiche
per il recupero ed il rilancio della mitilicoltura nel Mar Piccolo.
Hanno
partecipato al seminario Il Dott. Angelo Tursi Presidente del CONISMA
(consorzio universitario nazionale scienze del mare); il dott. Nicola
Cardellicchio chimico responsabile del CNR di Taranto; il dott. Vito Crisanti
dottore forestale naturalista paesaggista; la dott.ssa Rossella Baldacconi
dottore di ricerca in scienze ambientali. L'intervento della dott.ssa è stato particolarmente apprezzato dai ragazzi dell'Istituto Pacinotti.
“Alla luce
di quanto esposto, appare chiaro come l’area marina oggetto di questo studio,
è caratterizzata da biocenosi varie e complesse, ricche di vita animale e
vegetale. I risultati ottenuti sono in netto contrasto con le opinioni di
chi considera il Mar Piccolo, un mare sporco, inquinato, praticamente
abiotico, privo di qualsiasi forma di vita. Il patrimonio sommerso celato
nelle acque verdi del nostro piccolo mare è di grandissimo
valore naturalistico ed ecologico. Gli organismi marini, inoltre, tendono
a bonificare lentamente ma incessantemente il sistema “mare” con una serie
di processi che operano in modo sinergico e tendono a degradare o
immobilizzare qualsiasi tipo di inquinante ambientale.
Risulta evidente, quindi, che un’operazione di “bonifica”
drastica mediante dragaggio dei fondali o mediante copertura con materiale
argilloso, produrrebbe una lunga serie di problemi di tipo ecologico ed
economico. Innanzitutto, entrambe le metodologie particolarmente
invasive, indurrebbero un cambiamento rilevante di alcuni parametri
chimico-fisici delle acque, come un aumento del sedimento fine in sospensione
che a sua volta implicherebbe un incremento notevole della torbidità della
colonna d’acqua. Inoltre, per la movimentazione dei sedimenti verrebbero
rimessi in circolo inquinanti ormai depositati sotto strati di sedimento,
che tornerebbero ad essere biodisponibili nella colonna d’acqua.
Paradossalmente la “bonifica” produrrebbe un aumento della concentrazione
dei contaminanti.
La mole di
sedimento movimentato o aggiunto per coprire il fondo inquinato produrrebbe,
inoltre, gravi danni a tutti gli organismi filtratori che morirebbero
“soffocati”. Danni si avrebbero anche ai mitili posti in allevamento che
non potrebbero essere più allevati nelle aree “bonificate” per un lungo
periodo di tempo. Un aumento del sedimento fine in sospensione danneggerebbe
seriamente anche le superstiti praterie di Cymodocea nodosa, inducendone
un ulteriore arretramento, e nuocerebbe ai cavallucci marini e alle altre
specie protette dalla Convenzione di Barcellona e dalla Direttiva Habitat.
In parole povere “bonificare”
significherebbe peggiorare la situazione e contribuire a mettere
in pericolo il delicato equilibrio ecologico alla base del variegato
ecosistema del Mar Piccolo, che continua ad autosostenersi, nonostante
tutto.Molto più appropriate sarebbero tutte quelle operazioni volte
all’individuazione e all’eliminazione delle fonti inquinanti (e non sono
poche!) che continuano tuttora ad aggiungere inquinamento ad inquinamento.
Nessuna bonifica ha senso se la sorgente inquinante
continua ad immettere sostanze pericolose nell’ambiente. Infine, è d’obbligo sottolineare un aspetto forse mai
preso in considerazione da nessuno. L’ambiente subacqueo del Mar Piccolo è
così particolare ed unico nel suo genere, che potrebbe divenire un parco
marino d’eccellenza, un’area da proteggere dove si potrebbe sviluppare
un turismo subacqueo compatibile e attività di acquacoltura estensive.
L’istituzione di un parco richiamerebbe visitatori da tutto il mondo che
potrebbero ammirare le tante bellezze storiche della nostra città e
l’inestimabile patrimonio che la Natura ancora ci offre, incurante dei danni
che le abbiamo arrecato”.